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lui. E chiamati i Ministri e Dottori di legge, con esso loro si consigliò cosa dovesse fare. I quali dopo molta dissensione gli dissero di consenso: usane pure; imperocchè non lo fai per concupiscenza, ma per conservarti a te stesso e a tutto il gregge. E così fece, e guarì. Si ammalò poi la zitella, e di nuovo la curai. Quelli poi, che udivano queste cose, dicevano tra di loro: perchè costui non getta i suoi vasi, e non si mette a far guadagno colle sue favole? salga in banco, e narri agli oziosi nella piazza le sue istorie. Ma se vuol imporre agli uomini, quasi fosse un qualche Elima, o Mambre, si tenga nelle grandi città, ove molti voluttuosamente vivendo, rimangono nelle tenebre dell’ignoranza. Un picciol popolo d’ordinario s’impiega e travaglia, e resta più avveduto. Ma alcuni affermavano, che di quel Vescovo non raccontò così; ma che anzi non volle cedere a tal consiglio, dicendo: preziosi sono i precetti del Signore, più che la vita. E dopo queste cose sortì un interdetto di Cesare Augusto, che più non curasse alcuno, nè rispondesse a quelli, che consultavanlo. Applaudiva poi il popolo, e diceva: viva il Re, e il nostro Monarca, perchè oggi usò la sua clemenza sopra di noi.