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LO SCAVO DELLA VIA APPIA
FATTO NEL 1851
Quei, che istruito nelle antiche memorie delle classiche latine lettere uscito di Roma inoltrandosi per l’Appia via voglia immaginarsi quale essa fosse ne’ prischi tempi della repubblica e dell’impero, grandi cose ad ogni istante vede che gli si parano agli occhi dell’immaginazione. Dove si presentano orti ameni con magnifici ninfei portici e palaggi, dove ampie ville con ogni genere di delizie e private e pubbliche, dove templi eretti alle antiche bugiarde deità, e ad ogni passo lungo te via inalzati sepolcri in tutte ragioni di specie di tempi di nomi. Meravigliandosi che tale incantevole scena sia del tutto sparita, che de’ più grandiosi sepolcrali monumenti ne restino miseri avanzi ove s’abbarbica l’edera e annidansi i corbi e che su la famosa regina delle vie sepolta vi pascoli l’armento, cercando in sua mente la causa di sì variata fortuna, vede che nel moribondo e spento Romano impero pel corso di dieci secoli con varie incursioni Goti, Longobardi e Saraceni spogliarono e devastarono la misera Roma e suoi contorni, depredando quanto v’avea di prezioso agli occhi loro, e devastando quanto avea saputo creare l’arte Greco-Romana alimentata da ricchezze e da lusso incredibile, vede a tanta decadenza avervi posto mano l’odio delle sempre malaugurate fazioni cittadine, spopolando il paese e distruggendo e cambiando i più cospicui e robusti monumenti in fortezze, alle quali cose vi vede unita la distruzione del tempo vorace e del male inteso particolare interesse. Ma ad onta di tanti danni e di tante rovine l’esperienza di più secoli addimostra che scavando questa classica terra feconda sempre di artistiche meraviglie, si posson trarre alla luce monumenti per arte e per istoriche memorie mirabilissimi. Onde la scoperta dei sepolcri de’ Scipioni, di quei della famiglia di Sesto Pompeo, di quei de’servi e liberti di Livia Augusta per tacer d’altri molti, hanno ispirato l’impresa di aprire lo scavo dell’Appia via scovrendo i monumenti che le erano d’attorno. Il progetto di tale impresa fu da S. E. il sig. Camillo Iacobini Ministro del Commercio, Belle Arti e Lavori pubblici presentato al Sommo Pontefice Pio IX, che coll’innato suo discernimento sull’istante penetrò quanto di decoro e di gloria avrebbe con quest’impresa cresciuto alla città eterna, quanto avrebbe avvantaggiato lo studio dell’arti belle in questa lor sede, e quanto avrebbe dato luce a tutti i rami dell’archeologica scienza, onde sull’istante approvò il progetto, desiderando che tostamente fosse posto ad esecuzione. Il prefato sig. Ministro stimandosi a grande ventura tanta sovrana annuenza operò che con tutto sapere, diligenza ed alacrità fosse dato principio all’impresa. Oggi che sono compiuti i lavori dell’anno che corre, sarà utile e non discaro dare de’ cenni sulla esecuzione di essi e sopra le principali cose trovate, lasciando il campo intatto a più trita narrazione per una esatta e corredata istoria allor che sarà eseguita del tutto l’impresa.
Posto dunque mano all’opera nel Decembre 1850 non si è sospesa che al maggio dell’anno corrente, quando l’aria malsana non permetteva che più oltre fossero condotti i lavori. Allo scavo per varie cause si è stimato ragionevole dar principio al quarto miglio circa dalla porta Capena, protraendolo verso Albano. Esso è stato approfondato per l’altezza media di un metro e mezzo sufficiente a ritrovare l’antico piano stradale. La larghezza della zona scavata è di metri 22 bastevole a fare scoprire i monumenti che fiancheggiavan la via. La lunghezza dello scavo eseguito è di tre kilometri pari a circa due miglia italiane. Il numero medio degli operai è stato di 150 al giorno. Ovunque è stato trovato il piano stradale antico come lo addimostrano l’antiche crepidini e molti tratti del mirabile lastricato a grandi poligoni di selce solidamente fra loro connessi e sopra solide fondamenta basati, ed arreca meraviglia come essendo questo lastricato vincitore del tempo e d’incredibile attrito, sia stato in grande parte distrutto negli andati tempi da nostrale barbarie armata di leva e di mazza. Oltre ogni credere mirabile è la quantità de’ monumenti scoperti, che uniti ai pochi che sorgevan sul suolo ammontano al numero di 400 circa. La varia maniera cui han servito o di conservare interi i cadaveri o di averne in serbo le arse ceneri, la varia costruzione de’ nuclei e delle pareti sì ne’ materiali che nella esecuzione, la perfezione delle architettoniche modanature e la bontà delle sculture, le pietre in cui esse sono state condotte, la modesta grandezza e la lussureggiante vastità delle moli, la varietà delle paleografie e delle dizioni nelle lapidarie iscrizioni, tutti questi caratteri chiaramente ci dicono essere essi monumenti stati inalzati dai medii tempi Republicani a tutto l’occidentale impero. Le forme che scorgonsi in essi, sono quelle già conosciute per gli altri superstiti monumenti lungo l’altre Romane vie, e l’Appia medesima non che per i sepolcri che ammiransi nella via di Pompei che da essi si appella. Quale