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Così venne la mezzanotte.

Era un tempaccio tempestoso: una luna color di sangue acceso battagliava con una irosa schiera di nuvoloni plumbei, che la volevano affogare. Lontano lontano, in un denso nereggiamento dell’orizzonte, si susseguivano, con un brontolìo cupo e prolungato, tre o quattro voci di tuoni, intesi a soperchiarsi l’un l’altro. A un tratto, in mezzo a una folata di vento che passava, soffocata rasente al suolo, Drollino sentì poco lungi un certo fischio sommesso, che col vento non aveva nulla a che fare.

— Cosa sarà? — disse il ragazzo insospettito ma senza paura. Era già nell’ombra; vi rimase, anzi s’ingolfò meglio nel buio, passando dietro una gran macchia di ortensie e coll’acutissimo sguardo prese a indagare, per quanto gli riesciva, il vasto sfondo del viale. Non andò guari che un secondo fischio, ma stavolta appena percettibile all’udito, gli giunse da quella direzione. Poi vide confusamente un gruppo di due o tre