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Al Duca parve che nella camera fosse piombata in quell'istante un'ombra nuova ed arcana. E stava fermo, inchiodato sulla seggiola da una possa misteriosa, ch'egli subiva suo malgrado.
Drollino continuava a fissarlo col suo occhio da ciclope, acceso dall'ardor della febbre. Il silenzio continuava oppressivo, pesante.
Finalmente il Duca, tormentato, chiese a Drollino se avesse qualche cosa da dirgli.
— Sì, — rispose Drollino.
La voce di Drollino era orribile a udirsi: roca, sibilante, con un suono alterato, gutturale, come il congegno d'una macchina che, spazzata, stride sotto la mano di chi lo tenta.
Il Duca dominò un brivido, e continuò:
— Forse, nevvero, vuoi parlarmi dell'accidente in cui la tua generosa audacia.... Sapresti.... potresti dirmi chi?... Si dice che sia stato un attentato. E tu sai...?
— Lo so!
— Oh, te se prego.... parla.... Capisci bene, è