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Il Duca mise un sospiro profondo e sincero.
— Vuole andar su? — chiese premurosamente una donnetta attempata, ch'era allora allora sbucata da una prossima cucina. — Vedrà che cosa da far pena! Son io che lo veglio, quel poveretto, e da tre notti non chiudo occhio.
E così parlando, precedeva il Duca su una scaletta di legno, e poscia per un andito scuro che faceva capo alla camera di Drollino. Entrarono entrambi in punta di piedi.
La stanza era pulita; le patate c'eran tuttora, ma ammonticchiate accuratamente in un canto, e non davan noia. La finestrina era chiusa, e alla rottura dei vetri s'era riparato apponendo sulla intelaiatura qualche spesso foglio di carta, attraverso il quale giungeva affiochita la luce dall'esterno. Drollino sedeva sul letto, appoggiandosi ad un ammasso di cuscini, e si sentiva sin dall'uscio lo sforzo penoso del suo alitare. Il braccio rotto stava inerte e stecchito nella sua fasciatura appeso al collo con un foulard rosso, colla mano