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con la quale noi, come esseri conoscenti, siamo effettivamente in contatto, sono le nostre percezioni e la loro connessione in un’esperienza attuale possibile. Che nella luna, dice Kant, ci siano abitatori che nessuno ha mai veduto, è una cosa che si può ammettere; ma questo o non significa nulla, significa semplicemente che in un possibile progredire della nostra esperienza noi li conosceremmo, giacchè reale obbiettivamente per noi è solamente quello che trova o può trovar posto mediante la percezione nella trama della nostra esperienza. Schopenhauer dice la stessa cosa con le note formule: il mondo è rappresentazione, non v’ha oggetto senza soggetto.

Questa dottrina non è solamente il punto di partenza, ma è il fondamento di tutto quello che Schopenhauer ha pensato. Per cui, se vogliamo seguirlo, bisognerà pure che procuriamo di collocarci nel suo punto di vista. Ad evitare dunque, per quanto è possibile, i malintesi, sarà bene che cominciamo a distinguere queste tre cose: apparenza, fenomeno e cosa in sè.

Si dice apparenza (Schein) una nostra rappresentazione che non corrisponde a nessun oggetto reale, o è diversa dalla realtà che noi conosciamo o riconosciamo come obbiettiva. Le immagini del sogno e le allucinazioni sono apparenze: così pure i palazzi e giardini dipinti sulla scena di un teatro: stando al sistema copernicano, il giro del sole intorno alla terra è un’apparenza. In tutti questi casi, di contro