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tato che non esprimesse piena ed intera l’indipendenza dell’Etiopia. Nè meno risoluto lo trovò relativamente ai confini, non volendo egli concedere neppur quelli ridotti proposti dal generale Gandolfi, ma soltanto ed a malincuore altri più ristretti, cioè la linea da Saganeiti ad Adibaro, con esclusione di Gura.

Dopo aver fatto vani tentativi per riuscire a qualche cosa di meglio, il conte Antonelli stava già per troncare ogni trattativa e ritornarsene in Italia senza nulla concludere, quando parve che il Negus si arrendesse ad un accomodamento possibile.

Egli propose ad Antonelli di mantenere inalterato per cinque anni l’articolo XVII del trattato d’Uccialli quale era allora vigente nei due testi, salvo a modificarlo dopo, purchè l’Italia accettasse frattanto i confini della Colonia da lui fissati.

Antonelli cui non parve vero di aver ottenuto il mantenimento del protettorato che vedeva ormai perduto, accettò subito la proposta, ed il 6 febbraio 1891 firmava insieme al Negus due convenzioni, in duplice copia, riguardanti l’una i confini e l’altra l’articolo XVII del trattato. Se non che nel verificare e tradurre indi a poco insieme al Salimbeni la propria copia riguardante il predetto articolo, che era scritta solo in amarico, si accorse che invece di aver firmato pel mantenimento in vigore dell’articolo stesso, aveva firmato per la sua completa abrogazione.

Verificato l’inganno, Antonelli corse tosto presso il Negus a protestare risentitamente