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Ras tigrino, con Alula, campeggiava nel Tembien.
Parve che Menelik rimanesse poco edificato e tutt’altro che sicuro del contegno delle popolazioni tigrine, le quali non tralasciarono alcuna occasione di mostrare il loro odio e disprezzo per gli Scioani; sì che giunto nelle vicinanze di Ausen (tra Makallè ed Adua) si soffermò nella sua marcia, rinunziando alla vagheggiata incoronazione nella città santa di Axum.
Incontro al Negus, e scortato da ras Sebath, mosse allora l’inviato diplomatico italiano conte Antonelli, per assistere alle trattative che dovevano disporre del Tigrè, e dei confini della nostra colonia.
Sebath e Antonelli credevano di aver già in mano i frutti della loro opera a favore del Negus, ma un’amara delusione li aspettava.
Menelik sebbene, ricevendo Maconnen di ritorno dall’Italia, ne avesse approvato la condotta, e ratificata la convenzione addizionale al trattato di Uccialli, quando vide impossibile sottomettere e spodestare colla forza Mangascià cui i Tigrini e Alula restavano costantemente fedeli, venne segretamente con lui a trattative, ricevendolo anche personalmente ad Ausen, giocando così malamente il nostro inviato diplomatico ed il suo alleato Sebath.
Senza neppure aspettare i costoro consigli Menelik dispose del Tigrè a suo talento, assegnando a Mangascià la parte occidentale, a Seium quella orientale, compreso l’Agamè, ed interponendo fra essi e la colonia Eritrea con residenza ad Adua, un altro capo scioano chiamato Mesciascià Uorchiè.