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furono disposte: la 3a (Baldissera) a destra, contro Ailet, e la 2a (Cagni) a sinistra, contro il Jangus, e la 1a (Genè) con altri reparti speciali in riserva dietro Saati presso il Poggio Comando occupato dal Quartier Generale. Alcune orde di irregolari fiancheggiavano il corpo d’operazione, ed una di circa 300 uomini guidata dal capobanda Adam aveva occupata una zeriba avanzata fin oltre i pozzi di Adeita.

Ma se le truppe italiane erano anche pochissime in confronto al nemico, la loro sapiente dislocazione e le opere di difesa provvisoria che avevano costrutto intorno a sè, consistenti in muriccioli a secco, parapetti di terra, e zeribe di spini, dietro cui tratto tratto si elevavano i famosi fortini mobili Spaccamela, avevano rese le loro posizioni formidabili.

Il Negus appena giunto ad Ailet cercò tosto intavolare delle trattative, ma esse si interruppero subito e non approdarono a nulla, pretendendo l’Italia che le fosse ceduto non soltanto Saati, che teneva già, ma anche la valle di Ailet ed i confini fino a Ghinda, e volendo invece il Negus che essa sgombrasse anche Saati.

Non rimaneva che la soluzione colle armi, e più volte l’esercito abissino, con pattuglie e dimostrazioni tentò di attirare il nostro fuori delle sue posizioni per schiacciarlo colla preponderanza del numero, ma San Marzano, fermo nella sua linea di condotta sagace e prudente, non si prestò a fare il giuoco dell’avversario.

Si dubitò per un momento che il Negus, spinto specialmente dalle fiere insistenze di