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La Camera italiana su proposta dell’on. Crispi interprete dell’opinione pubblica, che reclamava una rivincita ed una vendetta, votava un credito di 20 milioni per un’operazione militare contro l’Abissinia e decretava che Saati, Arafali, ed Uà, dovessero essere rioccupati e mantenuti colla forza.

Questi propositi dell’Italia non furono osteggiati da alcun’altra potenza; anzi l’Inghilterra offerse i suoi buoni uffici per facilitare con una missione la necessaria riparazione presso il Negus, sperando che questi sconfessasse il suo Ras e non muovesse in sua difesa.

Frattanto in mezzo all’entusiasmo popolare più schietto partivano alla volta di Massaua i primi battaglioni di rinforzo alla stremata guarnigione ivi rimasta.

Quivi il Ras vincitore, giuocando abilmente di astuzia e di malafede, patteggiava la liberazione della spedizione Salimbeni, chiedendo in compenso medicinali, armi ed ostaggi indigeni, e quando poi aveva ottenuto ogni cosa, non adempiva completamente la promessa trattenendo ancora prigioniero il tenente Savoiroux che fu solo liberato alcuni mesi dopo mediante riscatto in danaro.

Ma il generale Saletta troncò ogni relazione col Ras, e decretando il blocco dalla costa di Anfila fino all’isola Dufnein veniva a dichiarare la guerra a tutta l’Abissinia.

Si procedette con estremo rigore contro gli spioni; i traditori e violatori del blocco furono giudicati e condannati; la popolazione