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torrente Desset, fu sorpresa da ras Aìula che stava in agguato con tutto il suo esercito.

Si impegnò tosto un fierissimo combattimento dove i nostri compirono prodigi di valore. Il minuscolo esercito dei 500 uomini rinnovò le gesta delle antiche sacre falangi. Stretti attorno al loro eroico Duce e tutti bersagliati da un cerchio di fuoco micidiale, i bianchi, soldati d’Italia bruciarono fin l’ultima cartuccia tenendo a bada per più ore l’intero esercito tigrino forte di oltre diecimila uomini, finchè esaurite le munizioni e schiacciati dall’immensità del numero, in una lotta corpo a corpo caddero tutti, difendendosi come leoni e facendo pagar cara la vittoria al nemico, il quale lasciava sul terreno tra morti e feriti più del triplo dei nostri.

Dal poggio tristamente celebre, detto poi di «Ras Alula», la spedizione Salimbeni assisteva incatenata, e con quale animo è facile immaginarsi, a tutte le fasi del combattimento.

Dell’eroico manipolo italiano rimasero morti sul campo 418 individui, fra cui 23 ufficiali; e ne rimasero salvi appena 91 (tra cui un solo ufficiale, il capitano d’artiglieria Michelini) che tutti feriti ed abbandonati per morti, poterono sfuggire all’efferata strage compiuta dal nemico.

All’indomani con una marcia notturna che ebbe del prodigioso, il maggiore Boretti, eludeva la vigilanza dell’esercito tigrino e riusciva a trarre in salvo il suo battaglione a Monkullo.

Il mondo restò ammirato dell’eroico valore