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ras Alula che l’Italia ed il suo Re, pur mantenendo i sensi di cordiale amicizia per l’Abissinia e pel suo Sovrano, erano costretti a differire l’invio della missione.
Questa notizia accrebbe l’ira del Negus e quella del Ras, e destò anche in Itala un grande clamore. Ormai si vide lo stato di guerra latente tra l’Italia e l’Etiopia, e l’ottimismo del Governo non arrivava a dissipare le preoccupazioni.
Ras Alula dal suo alpestre nido dell’Asmara cominciò a scorrazzare razziando e minacciando fin sotto le nostre posizioni avanzate. Un’accolta di malvagi europei e specialmente di greci, tra i quali va annoverato il famigerato dottor Parisis1 e Marcopulo-bey già segretario del vice governatore Jzet-bey in Massaua, soffiavano ai nostri danni, ed i sintomi di rappressaglia si verificavano in tutti i modi. Finalmente il Comando Superiore si determinò a chiedere rinforzi di truppe al Governo.
Mentre le relazioni italo-abissine erano così tese concorse ad intricarle ed a renderle più difficili l’intromissione inopportuna di una nuova spedizione scientifico-industriale che, a quanto pare, non ebbe alcun carattere ufficiale, ma che tuttavia gettò il paese e la colonia in grandi imbarazzi.
- ↑ Il conte Antonelli in una corrispondenza da Entotto all’Opinione in data 20 dicembre 1886 narra che il Parisis traducendo davanti al Negus una lettera di Umberto a Menelik chiamava quest’ultimo re di Cassa, invece che di Caffa, venendo in tal modo a significare che il re Giovanni Cassa era qualificato vassallo del Re dello Scioa.