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sione il capitano Vincenzo Ferrari, accompagnato dal dottor Nerazzini della R. Marina, munito di cospicui doni, e coll’incarico di fargli le più ampie assicurazioni sui nostri pacifici intendimenti e di manifestargli il proposito dell’Italia di mantenere coll’Etiopia le ottime relazioni di buon vicinato ed inalterati i patti stipulati dall’ammiraglio Hevett. Il Ferrari portava inoltre una lettera autografa di S. M. Umberto I nella quale si prometteva di inviare quanto prima al Negus un’altra più solenne missione per regolare un trattato di amicizia.
La missione fu benissimo accolta, ed il Negus parve così rasserenato che volle concorrere alla ricerca degli assassini della spedizione Bianchi, e come segno della sua gratitudine spediva poi al re Umberto le armi stesse del Bianchi trovate sul luogo dell’eccidio.
Ma non tardarono a prendere sopravvento nell’animo del Negus i sentimenti di avversione e di diffidenza, specialmente poi dopo che il colonnello Saletta, secondo le istruzioni governative, aveva proceduto all’occupazione di Arkico e di Arafali e gli annunciava imminente anche l’occupazione di Saati e di Amba.
Cominciarono le agitazioni e le scorrerie intorno ai nuovi possedimenti per parte di ras Alula, governatore dell’Amasen e residente ad Asmara, sempre mascherate allo scopo di razzie e di repressione di ribelli; ma che tuttavia lasciavano spesso travedere il mal animo del Ras a nostro riguardo. Quando poi verso la metà d’agosto i nostri basci-bouzuc