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Un giorno, e non è ben certo per quale motivo, fece incatenare e relegare sopra un’amba alcuni europei inglesi e francesi che si erano recati alla sua corte in Debra Tabor per scopi scientifici e commerciali.
Dopo vane preghiere e minaccie per liberarli, l’Inghilterra decise di muovere guerra a Teodoro, ed approfittando dello stato di ribellione interna dei principi vassalli, le fu facile di riuscire nel suo intento.
Strinse un trattato d’alleanza con ras Gobasiè dell’Amhara e con Giovanni Cassa del Tigrè, si assicurò della neutralità dei Re del Goggiam e dello Scioa, e con un corpo di 16000 combattenti con circa 40000 quadrupedi e 20000 servi nel 1867-68 salì da Zula nella baia di Anneslei all’altipiano etiopico per la strada di Senafè.
Teodoro, che nell’ora del pericolo era stato abbandonato da quasi tutto il suo esercito, si era ritirato coi prigionieri europei e coi pochi soldati rimastigli fedeli sull’Amba di Magdala.
Quivi sostenne l’assalto degli Inglesi opponendo una disperata resistenza, finchè visto vana ogni difesa, piuttosto che darsi vivo nelle mani del nemico, si uccise con un colpo di pistola sull’ingresso dell’Amba.
La campagna inglese terminò così felicemente grazie al valore delle truppe inglesi, ed alla sapienza del loro capo Sir Napier, ma più specialmente grazie ai milioni di sterline consumati nella impresa (che alcuni fanno arrivare fino a 20), ed alle intestine discordie dell’Abissinia.
Se invece dei capi alleati come Giovanni Cassa e Gobasiè, che le furono di guida e di aiuto, e di altre neutralità benevoli come quelle del Goggiam e dello Scioa, l’Inghilterra avesse trovato, come 28 anni dopo l’Italia, tutta l’Etiopia riunita contro di essa, l’impresa di Magdala sarebbe rimasta un sogno, ed il piccolo esercito inglese non avrebbe potuto raggiungere neppure l’altipiano.
L’Inghilterra, appena debellato e morto Teodoro, si ritirò completamente dall’Abissinia, nè avrebbe potuto fare altrimenti, accontentandosi dei risultati morali ottenuti.