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In tal frangente il Negus David III chiedeva aiuti ai Portoghesi che nel 1543 sbarcavano in circa 400 a Massaua e riuscivano a battere e ad uccidere il ribelle Maometto ed a ristabilire alquanto la pace dell’Impero.

Ad Axum ed a Gondar, sorsero per opera dei portoghesi palazzi e chiese, e presso Adua il chiostro di Fremona; ma poi scoppiarono i dissîdî specialmente religiosi ed i nuovi venuti vennero quasi tutti uccisi. Si intromise allora il Papa ed intervennero i gesuiti, che vi fecero nascere un dissidio così potente da generare la guerra civile; ma poi furono sfrattati ed il negus Fasilidas riproclamò di nuovo la religione copta, quella dell’Impero.

Ridotto sempre più debole, ma pur tuttavia sempre strenuamente resistendo ai ripetuti assalti dell’Islamismo e mantenendo salda la sua indipendenza e la sua religione, l’impero etiopico, dopo aver portato la sua sede dallo Scioa a Gondar visse per alcuni secoli in preda all’oscurità, alle ribellioni ed ai rivolgimenti interni, finchè verso la metà del secolo presente, salito al trono il negus Teodoro, avventuriero intrapendente, coraggioso e feroce, l’Abissinia fu tratta in urto contro l’Inghilterra.

Teodoro figlio di un capo secondario dell’Amhara, coll’ardimento e col valore aveva saputo concentrare nelle sue mani tutto il potere politico e religioso dell’Impero.

Erano suoi vassalli, frementi di ribellione, il capo dello Scioa padre dell’attuale Menelik, che allora viveva presso Teodoro; quello del Goggiam (certo ras Desta), ras Gobasiè nell’Amhara e Giovanni Cassa nel Tigrè.

Teodoro nella sua opera unificatrice dell’Impero aveva dimostrato un grande valore ma anche commesso delle efferate crudeltà, che rendevano il suo nome odiato e temuto da tutti.

Le continue ribellioni de’ suoi vassalli lo fecero insanire: si dice che in un sol giorno abbia fatto giustiziare più di mille persone, facendone rotolare le teste dalle roccie basaltiche del Wuoggerà. Il suo nome incuteva spavento in tutta l’Etiopia.