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Accogliendo da questa leggenda quanto si può e si vuole, pare però che l’antico impero di Axum godesse d’un certo splendore.
Ne fanno fede alcuni grandiosi obelischi esistenti ancora in detta città, sebbene uno di essi coll’iscrizione in greco del re Tolomeo Evergete, significhi che egli più fortunato di Cambise sia riuscito ad impadronirsene, soggiogando gli Etiopi.
Caduti i Tolomei, l’impero d’Axum sarebbe ritornato fiorente resistendo ai Romani, avvicinatisi fino alle attuali regioni dei Bogos ed alle spiaggie d’Archico, e stendendo i suoi domini anche sulla vicina Arabia.
Verso il 350 dell’Era Volgare per opera di un naufrago greco, San Frumenzio, sbalestrato dai flutti sulla costa etiopica si sarebbe introdotto in Abissinia il cristianesimo che fu sancito dal Concilio di Nicea, donde uscirono poi il codice dei Re abissini (Feta Neghest) e la traduzione in Geez della bibbia.
In seguito alle controversie tra la chiesa romana e quella orientale, il cristianesimo abissino si trasformò poi secondo il rito copto che ebbe sede in Alessandria d’Egitto.
Narrano le cronache abissine di guerre tremende sostenute dai Negus contro gli egiziani e specialmente contro i popoli della vicina Arabia, nella quale arrivarono a stabilire il loro dominio; narrano pure come verso il 950 una sollevazione interna (degli Agau) cacciasse dal trono la dinastia salomonide che rimase detronizzata fino al 1268, nel qual tempo però, la sede dell’impero invece che ad Axum si trasferì nello Scioa, con grave scapito della potenza etiopica che ricadde nell’oscurità.
Dopo la terribile e lunga lotta che l’impero etiopico dovette sostenere contro il sorgere ed il propagarsi dell’Islamismo, avvenne l’invasione di numerose tribù Galla del Sud, che avendo già abbracciato l’Islamismo si stabilirono verso il 1540 nel cuore dell’Abissinia, minacciandone la religione e la compagine proprio allora che un’altro avventuriero ribelle, Maometto Graniè, di Zeila, con un’audace spedizione di di mussulmani si avanzava fino ad Axum incendiandolo.