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Ma può invece convenire: prima di tutto assicurarsi quella frontiera che fu riconosciuta la più utile la più facilmente difendibile cioè quella del Mareb-Belesa-Muna, appoggiandosi più che alla speranza nei trattati, di una efficacia molto dubbia e sempre provvisoria, ad un buon sistema di fortificazioni per cui gli Abissini, e l’animo di Galliano informi, provano un sacro orrore; in secondo luogo dedicare molte cure alla colonizzazione interna, servendosi anche dell’opera degli stessi ascari che potrebbero trovare la loro paga naturale nello sfruttamento del terreno senza abbandonare il servizio delle armi; quindi aspettare che il commercio coll’Abissinia si ravvivi da sè al soffio potente della civiltà; e specialmente ora che gli inglesi sono padroni del Nilo promuovere quello da Kartum, per Kassala, a Massaua.

Forse per qualche tempo ancora l’Eritrea sarà un onere più o meno forte per la madre patria, ma non per questo è consigliabile l’abbandonarla ora che tanti interessi materiali e morali la tengono a noi avvinta.

Le popolazioni soggette si sono sacrificate per metà alla nostra causa e sarebbe un’empietà l’abbandonarle alle rappresaglie ed alle vendette feroci di nuovi signori; l’affiatamento tra dominanti e indigeni è completo, ed ormai dai matrimoni avvenuti, non pochi Eritrei novelli sanciscono i vincoli tra le due razze; numerosi lavori di costruzioni edilizie, stradali e fluviali, impianti di poderi, coltivazioni di campi, e seminagioni di piante rappresentano