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Un salutare terrore si sparse subito in tutto il Tigrè, ed anche Mangascià che seguendo gli ordini di Menelik, evitava ogni combattimento ritirandosi qua e là, dovette raccogliere l’intimazione di Baldissera e dimostrarsi pronto ad accordi. In breve Agos Tafari e Sebath si piegarono a consegnare i prigionieri che essi tenevano (due ufficiali e 19 soldati) ed il 18 maggio dopo patteggiata la consegna del forte di Adigrat a ras Mangascià anche i prigionieri che aveva costui (6 ufficiali e 90 uomini di truppa, col maggiore Salsa ed il colonnello Nava) furono liberati. Ottenuto tuttociò, ed ottenuto anche da ras Mangascià che una colonna di nostri soldati del genio agli ordini del tenente colonnello Arimondi, fratello dell’eroe caduto sul monte Raio, si potesse recare sui campi d’Adua a dar pietosa sepoltura ai caduti del 1 marzo, il generale Baldissera iniziò la ritirata del corpo d’operazioni, entro i vecchi confini del Mareb-Belesa-Muna, e poi dispose pel rimpatrio della maggior parte delle truppe.
Così ebbe termine la sfortunata campagna dell’Italia in Africa del 1895-96.
In essa la nostra patria dimostrò una potenzialità economica e militare di veramente grande nazione, ma non ottenne il successo finale perchè i suoi sforzi furono slegati e sconnessi e contristati dagli errori.
Le primitive lesinerie che esposero la nostra patria impreparata a sostenere l’urto scioano, non poterono essere compensate dai successivi graduali sacrifici votati man mano che le sorti