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ammalati che esistevano nel forte, i quali ne avrebbero reso lungo e penoso lo sgombro, ed anche in riguardo alle condizioni materiali e morali delle truppe che vi si volevano destinare, alquanto scosse dopo la battaglia.
Ora però che Menelik era già in marcia verso lo Scioa e la sua stessa retroguardia con Maconnen si era già spostata fino ad Ausen per seguirne il movimento, e che intorno ad Adigrat non esistevano più che circa 12,000 armati agli ordini di Mangascià, ras Alula, ras Sebath ed Agos Tafari, e solo pochi altri nuclei nemici erano sparsi in altri punti del Tigrè, Baldissera deliberò di muovere verso Adigrat per liberarlo a viva forza.
Dopo gli ultimi rinforzi giunti dall’Italia, le truppe coloniali compreso il presidio assediato di Adigrat ed i reparti e servizi vari non combattenti, avevano raggiunto l’ingente numero di 1301 ufficiali e 41,545 uomini di truppa, di cui circa 7000 tra regolari indigeni e bande, e disponevano di 10,248 quadrupedi.
Di queste forze il generale Baldissera formò un corpo d’operazione composto di due divisioni della forza complessiva di 16,717 uomini agli ordini dei tenenti generali Del Maino (1.°) ed Heusch (2.a) con quattro brigate di fanteria comandate dai maggiori generali Bisesti (1a), Barbieri (2a), Gazzurelli (3a), Mazza (5a), e con due brigate d’artiglieria, ed altri reparti e servizi vari. Dispose inoltre che lo raggiungessero i due battaglioni indigeni 2° e 7° e la sezione d’artiglieria che ritornavano con Stevani da Kassala. Tutte le altre truppe