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sforzo consimile. Le grandi perdite ivi subite, la penuria dei viveri, e la paura delle sagge disposizioni di Baldissera, lo costringevano al ritorno, prima che veramente urgesse la stagione delle pioggie; e le notizie dei grandi rinforzi che appunto in quei giorni sbarcavano a Massaua, devono avergli fatto capire che nella giornata del 1.° marzo non era già stata vinta tutta l’Italia, ma soltanto una piccola parte del suo esercito.

Frattanto continuavano le trattative di pace già iniziate da Salsa il giorno 6. Le condizioni che in tal giorno egli potè avere da Menelik imponevano l’abolizione del trattato di Uccialli, lo sgombro immediato di Adigrat, e promettevano pel Tigrè un capo amico dell’Italia che sarebbe stato Maconnen; ma pare che lasciassero dei dubbi sulla concessione della linea di confini del Mareb-Belesa-Muna, nè contenevano la liberazione dei prigionieri. Inoltre furono accompagnate dalle strane pretese di Maconnen che l’Italia non erigesse fortificazioni entro i proprii confini.

Naturalmente queste condizioni non piacquero al Governo italiano, il quale alla sua volta domandò che fosse incluso nel trattato l’obbligo per Menelik di rifiutare qualsiasi protettorato di altra nazione europea.

Ma il Negus non ne volle sapere; ed in un secondo convegno con Salsa al Farras Mai il giorno 16, stendeva per iscritto presso a poco le stesse sue condizioni predette, apponendo al documento, la firma ed il sigillo imperiale come segno dell’ultima sua volontà.

Respinte anche queste dal Governo italiano