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rono i nobili esempi di forza d’animo e di patriotismo, non soltanto fra gli uomini ma anche tra le donne, molte delle quali e mogli e madri di soldati morti od in pericolo nella Colonia, si rifiutarono alla predetta sottoscrizione, respingendola con frasi inspirate ai più nobili ed alti sensi. Ma queste virtù dignitose e silenziose erano sopraffatte dal chiasso violento della via.

Nè va scordato il santo impulso della pietà che fece vibrare tanti cuori. Si istituirono dei numerosi comitati di beneficenza, presieduti dalle persone più nobili d’ambo i sessi, ed in unione alla benemerita Croce Rossa, si raccolsero in breve tempo vistosi soccorsi per le famiglie dei morti e pei feriti, nonchè per i poveri prigionieri che in numero di circa 1500, laceri e scalzi ed in gran parte feriti, venivano spinti come bestie, con un pugno di orzo o ceci abbrustoliti per sostentamento, a preparare l’ingresso trionfale di Menelik ad Adis Abeba.

Al gabinetto Crispi, che dovette dimettersi in seguito alle manifestazioni ostili del paese, il 15 marzo, successe quello formato dal generale Ricotti, che ne diede la presidenza al marchese di Rudinì. Questi, nella seduta del 17 espose subito alla Camera il suo programma relativo all’Africa, annunciando che il Governo avrebbe continuato nelle trattative di pace già iniziate dal Ministero dimissionario, ma che per ottenere dei patti onorevoli e decorosi per l’Italia, aveva frattanto determinato di continuare le ostilità, chiedendo all’uopo