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I soldati del genio che tre mesi dopo andarono a compiere il pietoso ufficio del seppellimento dei morti, trovarono i quattro cadaveri ancora intatti tra un monte di bossoli sparati, ed uno di essi in atto di suprema lotta era ancora avviticchiato al cadavere di un abissino che si era avventurato fin là, e col quale aveva incontrato la morte nell’ultima lotta a corpo a corpo.
No, la perdita della battaglia d’Adua non si può attribuire al poco valore delle truppe; ma piuttosto a quella temeraria decisione che trasse un piccolo corpo di circa diciassette mila uomini ad attaccare centomila agguerriti nemici; e poi più specialmente, ed anzi forse assolutamente, a quegli altri malaugurati errori che fecero scindere il piccolo corpo predetto in tre parti slegate fra loro, e ad una alla volta le esposero contro l’intera massa nemica, in tre distinti momenti ed in tre separate località.
Questi errori non furono certo commessi dalle truppe; ma anche se fossero derivati in parte, ciò che non è ancora provato, da capi in sottordine, risalgono invece a chi le guidò, il quale doveva evitarli o almeno ripararli.
Infatti è opinione generale che la battaglia avrebbe avuto un esito differente e forse lieto per la nostra patria, non soltanto se le quattro brigate fossero state ben dirette e ben condotte sul luogo dell’azione; ma anche se Baratieri avesse saputo approfittare del disvio della brigata Albertone disponendo in tempo, chè tempo c’era, di farla ritirare sotto il Raio, dove avrebbe certamente attratto il nemico già