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gnia del 10.°). Egli era appena giunto alla sommità, ove erano sparsi alcuni tucul o capanne abbandonate, che potè vedere nell’altro versante i tristi avanzi del battaglione De Vito ritirarsi, inseguiti dai nemici furenti che ne facevano strage. Senza por tempo in mezzo Ragni ordina l’assalto, e ponendosi alla testa delle sue sei compagnie, per ben due volte le guida imperterrito alla baionetta, riuscendo ad arrestare il nemico, e costringendolo poi col fuoco a riparare dietro ad uno sperone diagonale, protendentesi verso lo sbocco della vallata nella conca d’Adua.

Così i pochi superstiti del battaglione De Vito poterono rifugiarsi sulle alture di destra della vallata, congiungendosi cogli avanzi della compagnia del Chitet quivi raccolti.

Ma frattanto anche verso il fondo della vallata, tra le folte erbe ed i massi, cominciò a notarsi l’avanzare insidioso e nascosto di gruppi nemici tra cui scorazzavano anche numerosi cavalieri.

Da Bormida fece tosto avanzare l’artiglieria ed un battaglione (14°) del reggimento Airaghi all’altezza della posizione del colonnello Ragni, e quivi li schierò bravamente in battaglia, mentre il 3° e 13° battaglione rimanevano in riserva.

Erano circa le 11 e questo schieramento era appena terminato che il nemico appiattato nel fondo e sui fianchi della vallata, scoprendosi e urlando ferocemente, si avventava in massa contro le nostre truppe, preceduto da qualche centinaio di cavalieri che minacciavano più specialmente le artiglierie.