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perdeva tutti gli ufficiali meno uno, e dal 2° battaglione e dalle tre batterie che lottavano ormai corpo a corpo col nemico, salito già sulle alture e penetrato tra i pezzi, erano insufficienti a trattenere l’urto dell’immensa orda scioana; ed anche sul fronte i bersaglieri di Stevani, sopraffatti dai nemici sbucanti dal vallone del Mai Avollà e colpiti di fianco da quelli appostati sullo sperone di Belàh, ripiegavano già. Baratieri, viste ormai disperate le sorti della battaglia, verso le 12 ordinava la ritirata.

Un urlo tremendo e feroce si leva allora da tergo; il nemico imbaldanzito e trionfante si lancia tosto all’assalto delle posizioni e dei pezzi (tra i quali cade gloriosamente il generale Arimondi) e se ne impadronisce; e perfino l’11a batteria (Franzini) giunta in quel momento da Mai Maret, dopo aver fatto un sol colpo e perduto subito il suo comandante, viene nelle loro mani; si getta poi all’inseguimento dei superstiti e di Baratieri, che tenta di riannodare qualche resistenza pugnando bravamente, ma è costretto a ripiegare dietro il Rebbi Arienni, inseguito e fulminato da presso, e trascinando seco le 5 compagnie del colonnello Nava accorse in suo aiuto1.

Quivi rimaneva ad ultima difesa l’eroico reggimento Romero, che malgrado le grandi perdite subite in più di 2 ore di accanito com-

  1. La successiva rapida ritirata di Baratieri su Adi Caiè fece da taluni biasimare la sua condotta anche come soldato. Però le testimonianze concordi di superstiti affermano che egli sul campo di battaglia si comportò da valoroso.