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Ma, a far peggiorare le sorti italiane, ecco apparire improvvisamente da ovest e nordovest la grande valanga scioana discesa sulla destra dei nostri indigeni, la quale dopo aver urtato e distrutto un battaglione di Da Bormida (battaglione De Vito) sfilando sui fianchi del monte Derar, precipita quasi inosservata in fondo alla valle, donde muove all’assalto e all’aggiramento delle nostre posizioni e va ad impegnare anche il 4.° reggimento (Romero) allo stesso colle del Rebbi Arienni.
Invano a questa fiumana nemica s’oppone il colonnello Stevani, inviando il tenente colonnello Compiano con 2 compagnie ad occupare lo sperone di Belàh sulla sua destra e davanti al colle, ed invano anche il generale Ellena manda in aiuto dei bersaglieri il 15.° battaglione (Ferraro) del reggimento Nava.
Sull’altura maledetta e nei suoi fianchi è appostato già il nemico, e vi possono giungere soltanto una quarantina di bersaglieri col Compiano stesso e col capitano Fabbroni che, colpiti da tutte le direzioni e quasi a bruciapelo, vi lasciano miseramente la vita.
I resti delle due compagnie ed il 15° battaglione furono costretti a ripiegare.
L’occupazione di questo sperone per parte dei nemici ebbe un effetto disastroso per le nostre truppe, che si videro minacciate di aggiramento da tutte le parti, e costrette a rivolgere la fronte su tre lati, cioè sul davanti e sui due fianchi; ed anche a tergo di monte Raio si manifestavano già gli attacchi degli Scioani ivi penetrati nell’inseguire gli indigeni