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Le truppe d’Albertone erano appena schierate, quando verso le ore 8 1/2 si videro per l’insellatura tra i due monti ritirarsi gli avanzi disfatti del battaglione Turitto, il quale dopo aver sostenuto per oltre un’ora un accanitissima lotta cogli avamposti nemici era stato assalito da una grande massa, e costretto a ripiegare, inseguito alle calcagna da grossi stormi nemici che ne facevano strage.

In breve le truppe indigene del centro dovettero aprire il fuoco contro la massa degli inseguenti, la maggior parte dei quali fu costretta a soffermarsi e a ripiegare; ma dei nuclei di nemici riuscirono a sfilare coperti tra le sinuosità, i serpeggiamenti, e le fitte boscaglie del suolo, lanciandosi dietro ai superstiti del battaglione Turitto, ricacciandoli a tergo della brigata ed inseguendoli sulla via del Raio.

Quasi contemporaneamente, cominciarono ad apparire delle truppe nemiche sulle vette e sui fianchi laterali al colle, chiamando in lizza anche i reparti d’ala della brigata, la quale in breve tempo si trovò impegnata completamente contro il nemico.

La lotta si fa terribile e micidiale. I 14 pezzi d’artiglieria ed i tre battaglioni indigeni con tiri ben aggiustati respingono per ben quattro volte la grande massa minacciante dal colle, e ne fanno strage; ed anche gli altri reparti di ala si sostengono con successo.

Nel fitto della mischia cadono fulminati ras Gabeiù e molti altri capi scioani, determinando il panico e lo sgomento nelle file