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rone di Belàh invece di strade e di terreni praticabili si ergeva la dorsale perpendicolare tra la valle del Latzate e quella di Mariani Sciavitù, dorsale che difficilmente poteva essere percorsa dai battaglioni bianchi e dall’artiglieria, può darsi che Da Bormida, abbia cercato di congiungersi ad Albertone tentando un aggiramento per la seconda delle predette valli; e che questa mossa sia poi stata fermata ed impedita dai nemici apparsi in fondo alla valle.

Riesce strano però, che gli ordini e le disposizioni emanate da Baratieri prima e durante lo svolgersi della battaglia, abbiano avuto il difetto capitale di generare tanti equivoci, ed abbiano avuto l’effetto di fargli sfuggire di mano due terzi di quell’esercito che il Re e la Patria avevano affidato al suo comando ed alla sua suprema ed assoluta responsabilità.

Non rimanevano ormai più a disposizione di Baratieri che la brigata di riserva Ellena e quella più piccola di Arimondi, la quale inoltre dovette assotigliarsi ancora distaccando a destra, sulle alture dei monti d’Esciasciò, il 4.° battaglione (De Amicis) e la compagnia indigeni (Pavesi), che attratti poi nella sfera d’azione della brigata Da Bormida non poterono più ricongiungersi alla propria.

Da un alto poggio dei monti d’Esciasciò il generale Baratieri, osservando col cannocchiale laggiù verso Adua, può alfine convincersi non solo che l’attacco nemico si è fatto più vivo e sta impegnando completamente la brigata indigeni, ma che anche in