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che ruscello pantanoso; pendii scoscesi dirupati e brulli, cosparsi d’anfratti, di burroni e crepacci; strette e tortuose gole tagliate nella viva pietra, passi angusti, erti e difficilissimi, e sommità granitiche che s’elevano al cielo nelle più strane forme e dimensioni: la superficie sembra un mare tempestoso mosso dall’ira di Dio.

Pochi villaggi ma frequenti capanne s’incontrano sulle medie alture; spessi campi coltivati e verdi pascoli nei declivii e nei piani, folte macchie e boscaglie nei fondi, sparse intorno molte euforbie e mimose e ulivi selvaggi e ginepri e qualche gigantesco sicomoro.

Le strade che percorrono la regione sono poche e difficilissime, e quasi tutte serpeggiano sul fondo della vallata e dei torrenti, i quali durante la pioggia le allagano e le devastano ingombrandole di sassi e di ammassi rocciosi che ne tolgono perfino le traccie.

A circa 12 chilometri a est di Adua ed a 24 da Saurià, un ordine di tre ammassi montani disposti quasi ad arco verso la capitale tigrina, viene a sbarrare la maggior parte delle strade che ne derivano costringendole a passare sui fianchi dell’ammasso centrale.

Questo è il Raio e gli altri due sono il Semaiata a sud che spinge verso il Raio un suo contrafforte detto Monte Caulos, formando contro di esso un colle detto da Baratieri di Chidane Meret; e a nord sono i monti d’Esciasciò che serrano contre il Raio il così detto colle del Rebbi Arienni.

Questa, secondo gli intendimenti del Co-