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Come si vede dalla predetta deposizione il parere degli interpellati fu effettivamente unanime per l’attacco; ma con tutto ciò non scemasi la responsabilità spettante al Comandante in capo; il quale era il solo ed unico giudice della situazione, era quello a cui l’Italia aveva affidato la suprema ed assoluta direzione delle operazioni di guerra, ed il supremo ed assoluto comando sulla truppa senza bisogno di consigli di consulti.

Alcuni, spinti dallo spirito della partigianeria politica fecero risalire al Ministero e segnatamente a Crispi la responsabilità di questa fatale decisione d’attacco; ma se non ci fosse altro per scagionarlo da si grave accusa basterebbe il fatto che appunto per non impressionare e spingere Baratieri ad un’inconsulto colpo di mano prima di vedersi sfuggire il comando, nominava ed inviava a Massaua con tanta segretezza il nuovo Governatore destinato a sostituirlo.

È poi ben vero che il Ministero e segnatamente Crispi avevano, come l’avevano anche il Parlamento ed il Paese, il desiderio vivissimo di una vittoria che risolvesse per sempre la questione abissina; e che si dimostravano ansiosi di ottenerla respingendo, prima di averla ottenuta, qualsiasi pratica di accomodamento con Menelik; ma ciò era incluso nel programma di rivincita già votato dal Parlamento; ciò era lo scopo degli ingenti sforzi e sacrifici che faceva la patria nel mandar in Africa tante truppe, ciò era richiesto dallo stesso onore dell’Italia e del suo esercito.