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È ormai assodato dalla testimonianza concorde di tutti coloro che poterono conoscere da vicino le vere condizioni dell’esercito scioano, che esso non avrebbe potuto mantenersi riunito ancora per più di tre o quattro giorni, dopo dei quali sarebbe stato costretto a dissolversi per la fame; e ciò è comprovato oltre che dalla rinunzia all’invasione del Seraè, dallo stesso ripiegamento su Adua e dalla necessità che, dopo la vittoria, malgrado le prede fatte e le razzie moltiplicate quando più non premeva il pericolo di fronte, indussero quasi subito il Negus e molti altri capi alla ritirata.
Erano queste suppergiù le condizioni dei due eserciti avversari; cioè, per riguardo alle forze che si fronteggiavano, immensamente superiori gli Scioani che stavano agli Italiani come 5 sta a 1; superiori questi nella qualità dell’armamento in generale, ma bene armati e muniti di numerosa e buona artiglieria anche i nemici; entrambi allo stremo di viveri ed obbligati ad una imminente e inevitabile ritirata.
La quale però ripugnava tanto a Menelik quanto a Baratieri, perchè il programma di entrambi non era ancora stato svolto completamente e specialmente quello del secondo aveva avuto già un’esordio tutt’altro che soddisfacente per l’Italia e pel Comandante in Capo.
Per ultimarlo con successo Menelik che non poteva più resistere e non aveva forza di assalire, ricorse alle astuzie e stando nascosto nella conca d’Adua si diede a far divulgare false notizie di ritirate, di sbandamenti, di ribellioni