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Ma questo ripiegamento che il Baratieri stesso dopo la catastrofe ammise come il più conveniente, e che Menelik temeva perchè gli avrebbe fatto perdere chi sa quant’altro tempo senza concludere nulla e con molta probabilità di essere sconfitto se attaccava, fu sconsigliato dalle ragioni politiche.

L’abbandonare anche l’Agamè nelle mani del nemico, ed il ritirarsi senza combattere entro i vecchi confini della Colonia, dopo aver subito due sconfitte, sembrò troppo ostico ad eseguirsi. Si temè che tale ripiegamento potesse influire sinistramente nell’animo delle truppe e sfiduciarle, si pensò all’effetto che avrebbe prodotto in Italia e tra le popolazioni indigene e si fini per sacrificare all’opportunità politica quella militare.

Nel mentre i due eserciti avversari si schermivano con queste mosse strategiche, eccitandosi a vicenda ad un attacco che desideravano entrambi ma che nessuno osava imprendere pel primo, per strano contrasto di intendimenti e di eventi, e senza che forse la minima sincerità regnasse fra le due parti, erano state riaperte le trattative di pace.

Si dice che gli Abissini fanno la guerra coll’ulivo della pace in mano; e tale detto non potrebbe essere meglio comprovato che in tutto lo svolgersi della campagna italo-scioana.

Dopo la partenza dallo Scioa per fare la pace, furono mandate da Ascianghi le lettere per la pace; di pace si parlò con Toselli; la pace fu proposta a Galliano, e le proposte di