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bagagli, per la bassa ed incassata strada verso Ausen, avrebbe potuto ottenerne un certo successo.
Baratieri si scusa della sua inerzia adducendo le difficoltà del terreno, dei mezzi logistici e l’impreparazione della brigata Da Bormida, di fresco costituita; ma queste scuse non hanno sradicato l’opinione generale che in tale circostanza egli abbia commesso un grave errore.
Menelik, giunto ad Ausen, il 30 gennaio liberò il battaglione Galliano che fece accompagnare al campo italiano da numerosa scorta; in tale occasione richiese pure l’apertura delle trattative di pace, e forse per imporle trattenne in ostaggio 9 ufficiali ed un sergente del battaglione liberato.
Intanto però che con questa nuova astuzia teneva ancor fermo Baratieri ad aspettare in Adagamus i prigionieri, il Negus eseguì un’altro abilissimo spostamento verso la conca di Gandapta, tra Adua e Adigrat, ove arrivava ai primi di febbraio e donde poteva minacciare l’invasione tanto del Seraè quanto dell’Okulè-Kusai a tergo del corpo d’operazione italiano.
Compiuto questo movimento che costituiva una vittoria strategica abissina, Menelik liberò gli ostaggi italiani, che una parte dei Ras, irritati pel ritardo del chiesto messo di pace italiano, volevano fucilati, e che, a quanto dicesi, furono cavallerescamente difesi da ras Alula; e rinnovò le proposte di pace alle quali però l’Italia non si sapeva piegare, preferendo correre le sorti della guerra.
Per rimediare al riuscito aggiramento