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incombenti dell’evacuazione del forte, constata che l’unica somma spesa dall’Italia in tale occasione fu di circa 9000 talleri per l’acquisto di 250 quadrupedi e pel noleggio di altrettanti occorrenti allo sgombro dei materiali e dei feriti, dopo che i muli del forte erano stati cacciati per la penuria d’acqua. L’onore immacolato di Galliano esclude l’altro impegno.

Sembra piuttosto che tra i patti della predetta liberazione vi fosse l’impegno reciproco di riaprire delle trattative di pace, e queste poi vennero, ma su tali basi, che come si vedrà, doveva essere impossibile ogni accordo.

In seguito agli accordi convenuti il 21 gennaio 1896 la bandiera italiana così strenuamente difesa veniva ammainata dal forte, ed alle ore 16 del giorno successivo, cominciava l’uscita delle truppe, del materiale e dei feriti.

In coda all’eroico battaglione seguì, ultimo uscito, il tenente colonnello (promosso tale durante l’assedio per merito di guerra) Giuseppe Galliano salutato dagli scioani cogli onori militari, ed oggetto dell’universale ammirazione.

Alla sera stessa il liberato presidio di Makallè si attendava nel campo di ras Maconnen, al quale era stato affidato l’incarico di regolare ed assicurare il suo viaggio per Adigrat.

L’assedio e la difesa di Makallè costarono alla nostra truppa 30 morti e 70 feriti indigeni fra cui nessun ufficiale; al nemico secondo i calcoli più modesti non meno di 2000 uomini tra morti e feriti.