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spostamento in avanti che fu ritenuto con gioia il primo passo alla liberazione di Makallè, Baratieri fu costretto a rinunziare all’impresa e a confessare la sua impotenza; la quale non poteva rimediarsi neppure coi nuovi rinforzi giunti dall’Italia, in seguito ai quali il 16 gennaio Baratieri aveva intorno a se 6000 bianchi e 10300 indigeni, ed il 19 circa 8000 bianchi e 10878 indigeni con 34 cannoni.

A levare tale spina dal cuore dell’Italia occorreva in quest’occasione l’opera preziosa del cav. Felter, già sfrattato da Maconnen dall’Harrar e da lui richiesto nelle sue proposte di pace fatte prima di arrivare ad Amba Alagi.

Felter approfittando di tale richiesta si recò al campo scioano e gli fu facile di indurre il Ras ed il Negus che erano impressionatissimi della resistenza del forte e preferivano impadronirsene senza nuovi spargimenti di sangue, a consentire l’uscita libera del presidio coll’onore delle armi e con facoltà di ritirarsi coi materiali, colle donne e coi feriti presso il campo italiano in Adagamus.

I patti che accompagnarono tale liberazione non poterono essere per quel presidio più onorevoli, e sono tutte fandonie le voci corse di riscatto a denaro, come pure quelle di impegni presi sulla parola d’onore da Galliano di non combattere più col suo battaglione durante la campagna.

L’affermazione autorevolissima di un ufficiale superstite di quel leggendario battaglione, il tenente Raimondo che ebbe parte importante così nella strenua difesa, come negli