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comandano ai capi minori delle città e dei villaggi (Scium), un clero ignorante, ma pretenzioso che fa capo ad un Abuna (Capo spirituale) residente in Gondar e che ha pure dei capi politici detti Eccighiè i quali sono onnipotenti tra le popolazioni.

La religione professata in Abissinia è la cristiana di rito copto che ha grande venerazione per Cristo (ritenuto solo di natura divina) e per Maria e che predica la fede e l’amore tra i fedeli; ma i capi e sottocapi suddetti si odiano cordialmente l’un l’altro, e se non fosse per la paura reciproca, si darebbero volentieri reciprocamente lo sgambetto allo scopo di ingrandirsi e soddisfare l’ambizione di regno e di conquista, che è la passione predominante lassù.

È più che certo perciò che, come avvenne al tempo della spedizione inglese in Abissinia che fece rivoltare contro Teodoro tutti i Re e capi dell’Etiopia in aiuto di sir Napier, il terreno abissino è fecondo all’intrigo politico ed alle ribellioni.

Ma per far ciò occorrono o molti danari, come spesero gli inglesi (che pare abbiano raggiunto l’ingente spesa di 20 milioni di sterline), o molte forze; viceversa l’Italia si gettò nelle trattative politiche armata di sole buone parole, lusingandosi di ottenere dei successi coll’eccitare le ambizioni dei capi e colle semplici promesse di aiuti morali; e la delusione fu completa.

L’azione politica italiana svoltasi con questi principi e con questi mezzi ebbe per iscopo di far defezionare Makonnen, ritenuto amico


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