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miche quasi doppie di loro, conservando le proprie posizioni e il villaggio minacciato, con perdite molto minori.

Il combattimento cominciò ancora all’alba del 14, iniziato dai Tigrini, i quali dalle alture a nord di Coatit cercavano di trarre all’assalto le nostre truppe; in questo giorno però Baratieri fu più cauto e si mantenne vigorosamente sulla difensiva, respingendo tutti i tentativi dei nemici e riuscendo a far loro perdere ogni speranza di rivincita.

Ormai le sorti delle due giornate erano già decise. La grande massa tigrina, malgrado le sue millanterie e la sua boria non era riuscita nel suo intento; il nostro piccolo corpo l’aveva arrestata e battuta, e si apprestava a sloggiarla dalle sue alture; e così sarebbe certamente avvenuto se Mangascià, la sera stessa del 14, verso le ore 22, riconosciuto impossibile di sostenersi, e costretto anche dal difetto di munizioni, non avesse cercato scampo ritirandosi verso Senafè colla sua gente in dissoluzione.

Quivi all’indomani lo raggiunse Baratieri inseguendolo rapidamente, e sorpresolo accampato nelle vicinanze di Senafè, da una altura dominante, e ad una distanza di 2600 metri, lo fulminò coll’artiglieria, mettendo a soqquadro lo scompigliato esercito tigrino, e spaventando lo stesso Mangascià, che fuggì precipitosamente coi pochi rimasti fedeli, cercando rifugio tra le montagne dello Scimenzana, e lasciando la sua tenda, perforata da uno srapnel e circondata di cadaveri, con carte ed altri indumenti in mano dei nostri.