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nemico irreconciliabile degli invasori del suo paese, furono fatte grandi feste e fu concesso l’onore di rimanere presso la corte del Negus.

Così avvenne che Mangascià, già tentennante verso l’Italia prima di recarsi al convegno di Adis Abeba, ne ritornò addirittura nemico; e sebbene l’eco della recente conquista di Kassala gli turbasse l’orecchio e lo determinasse ad inviare per non compromettersi al generale Baratieri le felicitazioni più calorose, si diede subito di nascosto a far dei preparativi di guerra.

Intanto ras Alula ed altri Capi tigrini rimasti nello Scioa infervoravano il Negus ad intervenire contro gli Italiani e vi facilitavano quell’unione politica dell’Etiopia che doveva divenire così esiziale per l’Italia.

Le conseguenze di questa grave situazione in cui era venuta a trovarsi l’Eritrea non tardarono a manifestarsi.

Il generale Baratieri, non potè a meno di essere preoccupato degli strani armeggi e preparativi guerreschi che ras Mangascià eseguiva alla sordina, e gliene chiese spiegazioni: ma il Ras, che non era ancor pronto, seppe accampare tali abili scuse accompagnate da così ferventi dichiarazioni di amicizia e di affetto, da stornare momentaneamente intorno a sè i sospetti di tradimento.

Anzi, avendogli poi Baratieri fatto proposte di un’azione in comune contro i dervisci nel Ghedaref, egli dimostrò di accettare con tanta gioia, da essere dal Governatore ritenuto in buona fede.