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Nell’interno del Tigrè ras Alula non sapeva rassegnarsi a quello stato di cose che lo aveva spogliato del suo adorato dominio dell’Amasen; nè ras Sebath aveva rinunziato alle sue brame d’indipendenza dell’Agamè.

Questi due Ras si erano intesi fra loro, cercando di dar del filo da torcere a Mangascià e agli Italiani. Cominciò ras Alula a sollevarsi in armi e nel dicembre 1892 catturava improvvisamente il nostro residente in Adua, capitano De-Martino. Accorso Mangascià, il fremente ribelle fu in breve vinto e perdonato, ma dopo poco tempo si ribellò ancora.

Le agitazioni interne tigrine alla fine poterono essere domate da Mangascià, che debellato e reso impotente il vecchio Alula, lo perdonava nuovamente, e coadiuvato da un certo Tesfai Antalo, riuscì pure a sbarrazzarsi di ras Sebath, che fu preso e relegato sull’inaccessibile Amba Alagi.

In questo frattempo Mangascià non aveva fatto che moltiplicare le sue proteste di amicizia verso l’Italia, inviando continuamente a Baratieri il solito John Bascià incaricato di manifestare i sentimenti del suo signore, e di chiedere continui aiuti materiali e morali per domare i Ras ribelli e preparare della resistenza alle minaccie di Menelik, e sollecitando più volte un convegno segreto personale col Governatore per intendersi; convegno che non fu mai concesso.

Viceversa l’Italia aveva mantenuto verso Mangascià un contegno di benigna neutralità che lo aveva poco lusingato. Essa non gli diede