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corrispondeva pur troppo l’intrinseco suo valore e l’Italia doveva ben presto amaramente pentirsi della scelta fatta.

Il lungo governatorato di Baratieri oltre che per le imprese ed avvenimenti guerreschi, andò segnalato per un fecondo lavorìo di riforme e di provvedimenti interni che si svolsero su tutti i rami dell’amministrazione coloniale.

Secondando i suoi disegni ambiziosi e la sua disposizione a legiferare propria dell’uomo parlamentare, egli si diede a tutto modificare, tutto correggere, tutto impiantare su nuove basi che avessero l’impronta sua, che legassero il suo nome alla Colonia, e che ne accentrassero nelle proprie mani l’intera ed assoluta autorità.

Cominciando dalla propria carica egli volle esaltarla circondandola di un fasto viceregale. Il Governatore ebbe titolo d’Eccellenza, pomposo seguito e contorno nelle riviste nei ricevimenti e nelle feste; dalle truppe e dai coloni in tutte le occasioni pubbliche e private le più grandi manifestazioni d’onore.

Ma prima ancora che alla dignità della sua carica, Baratieri mirò ad integrarne l’autorità, alquanto menomata dal regio decreto 1 ottobre 1891, che aveva istituita l’altra immediata di Comandante delle truppe, affidata al colonnello Arimondi; e con regio decreto delli 10 marzo 1892 otteneva la facoltà di poter assumere il comando delle operazioni militari in caso di bisogno, lasciando in tal caso al predetto ufficiale la carica di Capo di stato maggiore.