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la provvidenza nella storia. 23

midi seguaci delle verità cristiane. Si uniscono gli uni e gli altri da due parli opposte per escludere dalla contemplazione di queste verità gli scrittori che chiamano profani; ridividendo cosi i cultori della scienza quasi a modo del medioevo, in cherici e laici. Ma prima, agli avversari io risponderò arditamente, ricordando loro la definizione data dagli stessi antichi della filosofia, che ella è e debb’essere scienza delle cose divine ed umane; e domandando per noi e per le cose divine cristiane quell’ampiezza di contemplazione ch’essi ammirano in quegli scrittori e in quelle religioni antiche. — Agli amici poi, se fossero di quelli che temono la luce di qualunque scienza profana, io risponderò con qualche arditezza pure e non primo, confortandoli a maggior fede, ed a credere che non può niuna vera scienza, niuna verità contraddire alle verità cristiane, e che queste saranno confermate sempre da quelle quanto più si studieranno; che è in somma fra tutte le verità una armonia, nella quale contemplare sta appunto il più alto e piò santo assunto di tutte le scienze. — A coloro poi, che da noi scrittori profani temono errori o d’intenzione o d’ignoranza, e cosi il nostro accostarsi volontario o involontario a quelle scuole che dicemmo Cristiane di nome piò che di fatto, io non saprei se non concedere molta ragione, tanti furono e sono siffatti erranti; ma volendo scansar anche qui il vizio delle promesse di sè, io non saprei se non rinnovare quella protesta che fu usuale già, e parmi necessaria a tutti noi non teologi che ci accostiamo alle quistioni teologiche, di sottometterci alle correzioni di questa scienza non nostra, quella protesta soprattutto che è naturale ad ogni Cattolico sincero ed intiero, di sottomettersi alle decisioni del Capo di nostra Chiesa. Ma ciò conceduto e protestato, io pregherei quegli amici a non voler confondere in un corpo erranti e non erranti, a non giudicare degli scrittori profani come di qualunque se non ad uno ad uno, a non volerci escludere tutti da quelle contemplazioni che sono pure diritto e dover nostro, senza cui saremmo defraudati della più nobil parte di nostra scienza, senza cui la scienza stessa ricadrebbe in antiquata anticristiana e pagana, ondechè noi non sapremmo nè vorremmo trattar-