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questi Iddii avesser presieduto, ciascuno ad uno degli elementi, a una delle forze della natura materiale o morale, ad una delle virtù ed anche de’ vizi umani, eh? è il nodo della questione, noi cercavano, non se ne impacciavano, lo spiegavano superficialmente da un fatto o da una qualità personale dell’eroe divinizzalo. Delle mitologie originarie, la Babiloniese, l’Egizia, la Persiana, la Indica, non sapevano e non si curavano guari; facevano come que’geografi lor contemporanei, che scrivevano terre ignote sugli spazi lasciali in bianco; ovvero, tutt’al più, cercavano le somiglianze di quelle mitologie lontane colla grecoromana, tipica per essi, satisfatti quando dopo una di tali scoperte potevan dire: ecco Giove, ecco Apollo, Diana, o che so io.1 — Finalmente, nel secolo che corse dalla metà in circa del XVIII fin presso ai nostri di, crebbero, come si sa, insieme e l’erudizione e le inimicizie alla rivelazione. Ed allora fu che s’eslesero le ricerche a tutte le religioni principalmente orientali, per vedere se si trovasse in esse, od alcuna più antica e più originaria che la nostra, od almeno una origine comune e non rivelala di esse e della nostra. E cosi allora si moltiplicarono ed intricarono le ipotesi Non parlo di coloro, disprezzati da tutti oramai, che falsificando storie, od anzi tralasciando fatti e ragioni, trattarono con celie di cosi grave argomento. Ma fra coloro che ne trattarono o sinceramente o almeno sodamente, gli uni, contentandosi di estendere l’orbine storica dalla Grecia all’Oriente, continuarono a derivare tutti i culti dalla deificazione degli eroi; altri li derivarono dalla contemplazione degli astri; altri da quella panteistica della natura, dell’universo mondo; altri da altre contemplazioni psi

1 Fra questi mitologi d’erudizione poco più che grecoromana.ilprimo fu il nostro Boccaccio nel breve libro De. Genealogia Deorum; l’ultimo e il più compiuto fu il Vossio nel voluminoso libro De Theologia gentili et Physiolcgia Chriitima, live di origine ac progreuu Idolatria, deque natura mirandi» quibui homo adducitur adDeum, libri IX, pubblicato nel 1668 all’Aja e ristampato nell’opere compiute dell’Autore nel 1700. È un modello di quell’erudizione accumulata ed uscente continuamente dal soggetto, che era forse scusabile in quegli scrittori più intenti a raccogliere notizie che ad ordinarle o farle passare chiare nella mente de1 leggitori. —Vedi poi le altre indicazioni bibliografiche, in CreuzerGuignaut, pag. 188130 e precedenti.