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prefazione. 5

tria. E se non fui costante alla forma (nè importa qui se la colpa fosse mia, o d’altrui, o de’ tempi, o della sventura), costante fui lunghi anni all’assunto, allo studio. Ad ogni modo ei fu quel medesimo studio, che mi fece riedere all’idea giovanile. Quanto più mi addentrai nella storia d’Italia, tanto più mi venni capacitando: utili certo ad essa e molto lodevoli essere le raccolte, le pubblicazioni di documenti, e le belle e più le buone narrazioni di (atti; ma mancare a lei oramai molto meno questi, che non la retta intelligenza di essi, la ricerca e la esposizione di lor ragioni, la comparazione di essi con quelli dell’altre storie; tutto ciò insomma che di qualunque nome si chiami, filosofia o ragioni o meditazioni della storia d’Italia, non fu guari scritto nè ben nè male finora. E così venni ciò tentando, e così accumulandone non brevi scritti. Ma di nuovo e finalmente mi capacitai: che in tanta connessione com’è della Storia d’Italia con quelle delle due grandi nazioni vicine, anzi di tutta la Cristianità, non è forse possibile cercar bene per la prima volta le ragioni di essa senza entrare in quelle di tutta la Storia cristiana, o meglio ancora di tutta la universale. Ed io mi sbigottii dapprima a tanta ampliazione d’argomento; ma ricominciai poscia, pensando, che se mi mancheranno le forze a questo, così mi sarebber mancate a quello, meno ampio ma non meno arduo, della Storia d’Italia; e che se elle mi reggessero, e non rimanessi troppo inferiore al grande assunto, avrei adempiuto a quello fra’ lavori dell’arte mia, che mi pare il primo necessario alla patria nostra, ed uno de’ più opportuni a farsi per un Italiano a comun pro. Io non so se m’inganni, ma ei mi pare che convergendo all’Italia la storia antica tutta, e divergendone quindici diciannovesimi della moderna, possano le due essere forse più facilmente osservate da questo centro, che non da qualunque altro punto di vista all’intorno.

Finalmente, adempio a un altro anche più stretto do-