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MEDEA. | 219 |
- Non ti prego, che lasci di fornirla,
- Ma dammi qualche spatio
- A tai supplicij miei.
- Med.
- Dolor non t’affrettare:
- Ma godi de la lenta
- Scelerità, ch’io faccio.
- Gias.
- Ah nemica crudel del proprio sangue;
- Amazza me.
- Med.
-
- Tu dunque mi comandi,
- Ch’io sia pietosa. Hor le cose van bene,
- Ho fornito: mia doglia
- Più non ha havuto in che gratificarti.
- Hor tu ingrato Giasone
- Volgi qui gliocchi tuoi, volgi superbo.
- Deh non conosci tu la tua consorte?
- Cosi sogl’io fuggire,
- E farmi per lo ciel sicura via.
- Ecco, che i due serpenti
- Pongon benigni colli
- Squamosi sotto il giogo.
- Hor tu padre hoggimai
- I tuoi figli ricevi.
- Io per l’aria sarò portata intanto.
- Gias.
- Dovunque te n’andrai,
- Dì, che non v’è alcun Dio.
Il fine della Settima Tragedia
di Medea.