MEDEA. 212
Vide mature biade:
E Fasi suo malgrado
Tornò l’acque al suo fonte.
E l’Istro ch’è diviso
In tante bocche, ratto
Fermò l’onde turbate e tempestose,
Risonarono l’acque,
Et hebbe tema il mare.
E non si udendo fiato
Di vento, la magione
Del bosco antico a le mie note fiere
Perde la solit’ombra
Febo lasciato il giorno
Fermossi in mezo; e l’Hiade mosse a nostri
Canti, ne sdrucciolaro.
Hor Luna è tempo, che ti trovi a tuoi
Sacrifici solenni:
A te con sanguinosa mano io tesso
Queste ghirlande, che legate sono
Da novi serpi: a te Tifeo consacra
Queste membra, ch’ardire
Hebber di torre il cielo
Al formidabil Giove.
Questo è il sangue di Nesso,
Che fu perfido a Alcide.
Il Rogo, ov’egli poi
Arse, di questo cenere fu sparso,
Che bebbe il fier veleno,
Ond’erano infettate le sue carni.
Tu vedi anco la face
De la suora pietosa, et empia madre
De la gia ultrice Altea.
L’Harpia lasciò ne l’horribile speco
Queste piume alhor, quando