MEDEA.
Appresso me si trova
Una superba gonna,
Che fu celeste dono,
Et ornamento già del nostro Regno;
Donolla il Sole istesso
Ad Eta padre mio
Sol per pegno d’amore.
Ho anco un bel monil d’oro e di gemme,
Lo splendor de le quali
Distingue quel de l’oro:
Di questo a guisa di corona suole
Farsi cinto a le chiome.
Voglio, che i miei figliuoli
Portino questi doni
A la novella sposa:
Ma prima tinti sieno
De i mortifer veleni,
Che sa trovar la divin’arte mia.
Chiamisi a questo effetto
Hecate: e tu apparecchia
I sacrifici horrendi,
Che debbono apportar lagrime e morti.
Gli altari fatti sono:
S’odin suonar ne tetti
La mortifera fiamma.
Coro
Non è fiamma veruna,
C’habbia cotanta forza;
Nè vento o stral, che scenda
Da ciel: quanti una Donna,
Ch’abandonata sia dal suo consorte
Sente nel petto fiero odi e disdegni.