MEDEA.
Mentre sian senza numero l’arene;
Mentre il giorno havrà il Sole,
E la notte le stelle;
Mentre anderà d’intorno
Il polo l’orsa, e mai
Non si bagnerà in mare,
Mentre i fiumi daranno
Tributo a l’onde sue,
Non cesserà giamai
Il mio furor ne le costoro pene,
E crescerà mai sempre.
Qual Scilla, qual Cariddi
Sorbendo il mar Ionio, e ’l Siciliano,
Qual’Etna, che i Giganti
Preme, sarà così fervente e calda
Di cotante minaccie,
Come son io? non già rapido fiume,
Non procelloso mare,
Quando agitato è più da venti fieri:
O fiamma, ch’aiutata sia da fiante
D’impetuoso vento,
Non potrebbe tardar l’impeto mio,
Nè le nostre ire: io turberò ogni cosa,
Et ogni cosa volgerò sossopra.
Egli temè Creonte,
E la guerra del Duce di Thesaglia:
Ma ’l vero Amor non teme alcuna cosa.
Ma forse, ch’egli vinto,
Da le ragioni mie,
Mi si renderà ancora.
Poteva ei ben venire
A trovar la mogliera,
E non negarle l’ultime parole;
Ma temuto ha quel fiero anco far questo.