MEDEA 195
E fratel di me stessa
Scelerata donzella
Fu da me ucciso e fatto
In molte parti, crudo
E misero spettacolo a suo padre.
Per lui tolto di vita
Ho il vecchio Pelia, e cotte
Fur le sue carni in un bollente rame
E quanto sangue e quante
Fiate ho sparso: e pure
Ira non fu cagione,
Ma solo amor, che m'arse
Di questo ingrato il petto.
Ma, che potea Giasone
Far, essendo venuto
Ne l'altrui arbitrio e voglia?
Dovea più tosto porre
Il petto incontra al ferro.
Ah meglio meglio doglia
Furiosa favella. Se si puote
Viva, qual fu Giasone,
Mio: ma se non si puote
Vivasi ancora, viva;
E di me ricordandosi, riguardi
A benefici tanti,
C'ha da me ricevuto.
Tutta la colpa è di Creonte, ilquale:
Come quello ch'è Re di questi luoghi,
Romper gli ha fatto il gia legato nodo
Del maritaggio mio;
E che toglie a figliuoli
La madre, e questi pegni
De l'alme data fede
Da me diparte. Questi haggia il gastigo,