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50 | dei doveri dell’uomo. | [1841-1860] |
Un popolo, il Greco, il Polacco, il Circasso, sorge con una bandiera di patria e d’indipendenza, combatte, vince, o muore per quella. Cos’è che fa battere il vostro cuore al racconto delle battaglie, che lo solleva nella gioia alle sue vittorie, che lo contrista alla sua caduta? Un uomo, vostro o straniero, si leva, nel silenzio comune, in un angolo della terra, proferisce alcune idee, ch’ei crede vere, le mantiene nella persecuzione e fra i ceppi, e muore, senza rinnegarle, sul palco. Perchè lo onorate col nome di Santo e di Martire? Perchè rispettate e fate rispettare dai vostri figli la sua memoria? E perchè leggete con avidità i miracoli di amor patrio registrati nelle storie Greche e li ripetete ai figli vostri con un senso d’orgoglio quasi fossero storie dei vostri padri? Quei fatti Greci son vecchi di duemila anni, e appartengono a un’epoca d’incivilimento che non è la vostra, nè lo sarà mai. Quell’uomo che chiamate Martire moriva forse per idee che non sono le vostre, e troncava a ogni modo colla morte ogni via al suo progresso individuale quaggiù. Quel popolo che ammirate nella vittoria e nella caduta, è popolo straniero a voi, forse pressochè ignoto: parla un linguaggio diverso, e il modo della sua esistenza non influisce visibilmente sul vostro: che importa a voi se chi lo domina è il Sultano o il Re di Baviera, il Russo o un governo escito dal consenso della nazione? Ma nel vostro cuore è una voce che grida: «Quegli uomini di duemila anni addietro, quelle popolazioni ch’oggi combattono lontane da voi, quel martire per le idee del quale voi non morreste, furono, sono fratelli vostri: fratelli non solamente per comunione di origine e di natura, ma per comunione di lavoro e di scopo.