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[1841-1860] | dei doveri dell’uomo. | 15 |
tra gli uomini dei diritti e quei del Dovere. Ai primi la conquista dei loro diritti individuali, togliendo ogni stimolo, basta perché s’arrestino: il lavoro dei secondi non s’arresta qui in terra che colla vita.
E tra i popoli interamente schiavi, dove la lotta ha ben altri pericoli, dove ogni passo che si move verso il bene è segnato dal sangue d’un martire, dove il lavoro contro l’ingiustizia dominatrice è necessariamente segreto e privo dei conforti della pubblicità e della lode, quale obbligo, quale stimolo alla costanza può mantenere sulla via del bene gli uomini che riducono la santa guerra sociale che noi sosteniamo a un combattimento pei loro diritti? Parlo, s’intende, della generalità, e non delle eccezioni che esistono in tutte dottrine. Perché, sedato il tumulto di spiriti e il movimento di riazione contro la tirannide che trascina naturalmente alla lotta la gioventú, dopo qualche anno di sforzi, dopo delusioni inevitabili in impresa siffatta, quegli uomini non si stancherebbero? Perché non preferirebbero il riposo comunque a una vita irrequieta, agitata di contrasti e pericoli, che può un giorno o l’altro finire in una prigione, sul patibolo, o nell’esilio? È storia pur troppo dei piú fra gl’Italiani d’oggidí, imbevuti come sono delle vecchie idee francesi: tristissima storia; ma come interromperla se non cangiando il principio da cui partono per dirigersi? Come, e in nome di chi convincerli che i pericoli e le delusioni devono farli piú forti; che hanno a combattere non per alcuni anni, ma per tutta la loro vita? Chi può dire ad un uomo: segui a lottare pe’ tuoi diritti, quando lottare per essi gli costa piú caro che non l’abbandonarli?