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10 | dei doveri dell’uomo. | [1841-1860] |
E nondimeno, in questi ultimi cinquanta anni, le sorgenti della ricchezza sociale e la massa dei beni materiali sono andate crescendo. La produzione ha raddoppiato. Il commercio, attraverso crisi continue, inevitabili nell’assenza assoluta d’organizzazione, ha conquistato piú forza d’attività e una sfera piú estesa alle sue operazioni. Le comunicazioni hanno acquistato pressoché dappertutto sicurezza e rapidità, e diminuito quindi, col prezzo del trasporto, il prezzo delle derrate. E d’altra parte, l’idea dei diritti inerenti alla natura umana è oggi mai generalmente accettata: accettata a parole e ipocritamente anche da chi cerca, nel fatto, eluderla. Perché dunque la condizione del popolo non ha migliorato? Perché il consumo dei prodotti, invece di ripartirsi equamente fra tutti i membri delle società europee, s’è concentrato nelle mani di pochi uomini appartenenti a una nuova aristocrazia? Perché il nuovo impulso comunicato all’industria e al commercio ha creato, non il ben essere dei piú, ma il lusso d’alcuni?
La risposta è chiara per chi vuol internarsi un po’ nelle cose. Gli uomini sono creature d’educazione, e non operano che a seconda del principio d’educazione che loro è dato. Gli uomini che promossero le rivoluzioni anteriori s’erano fondati sull’idea dei diritti appartenenti all’individuo: le rivoluzioni conquistarono la libertà: libertà individuale, libertà d’insegnamento, libertà di credenze, libertà di commercio, libertà in ogni cosa e per tutti. Ma che mai importavano i diritti riconosciuti a chi non avea mezzo d’esercitarli? che importava la libertà d’insegnamento a chi non aveva né tempo, né mezzi per profittarne? che importava la libertà di com-